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Lasagne povere bergamasche (ovvero “come ti riciclo il pane raffermo”

E’ una vita che non aggiorno il blog, ma non e’ che in questo periodo non abbia mai cucinato, solo che anche se faccio qualcosa di particolare non mi sembra mai cosi’ tanto particolare da essere pubblicato. Poi magari una ricetta che io reputo banale per qualcun altro non lo e’, o il contrario.

In questi giorni ho preso in mano un libro comprato un anno fa che si intitola “Rissète de la cusina bergamasca” di Carmen Fumagalli Guariglia, per chi non l’avesse capito il titolo italianizzato e’ “ricette della cucina bergamasca”.

Stavo cercando una ricetta per le polpette che faceva mia nonna quando io ero piccola, che io mangiavo per merenda, ma non l’ho trovata. In compenso nelle prime pagine trovo qualche ricetta a base di pane raffermo, non secco eh, proprio pane raffermo, quello di un paio di giorni dopo per intenderci, che se provi ad addentarlo il tuo dentista fa i salti di gioia!

Ho trovato questa ricetta, nel libro chiamata “turta col pà stantìt de Olda” (torta con il pane raffermo di Olda) ma a me da piu’ l’idea di essere una lasagna, per la modalità in cui viene eseguita, cioè disponendo gli ingredienti a strati uno sopra l’altro.

Il libro descrive questa torta/lasagna come cibo dei pastori, che veniva portata in montagna quando portavano le bestie a pascolare.

Ho leggermente modificato la ricetta originale e vi scrivo la mia versione.

Vi dico che e’ una ricetta veramente facile, fatta per lo piu’ con quel che c’e’ in casa: il pane raffermo (a chi non capita di avere pane “gnucco” in casa?), taleggio (da buona bergamasca non manca mai nel mio frigo pena l’esilio), erbette (io ho usato quella che qui viene chiamata “galech”, in italiano viene chiamata in mille modi diversi ma il nome latino e’ Silene Vulgaris, io la trovo nel mio campo quindi per me e’ a costo zero, ma potete usare qualunque erbetta, dagli spinaci alle biete, insomma quello che trovate piu’ facilmente e che vi piace di più).

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Serve:

-10 panini raffermi

-400 gr di taleggio molle

-300 gr di erbette bollite

-4 uova fresche

– un quarto di cipolla tagliato sottile

-350 gr di latte

-un pezzo di burro

– olio pepe e sale

-grana grattuggiato.

Fate rosolare in una pentola la cipolla con il burro e un pochetto d’olio, poi aggiungetevi le erbette tagliate fini. Quando si saranno insaporite metteteci il taleggio e un poco di latte dal totale, servira’ a non far attaccare il formaggio al fondo. Fate sciogliere bene il taleggio, insaporite con pepe e sale e spegnete la fiamma.

Accendete il forno a 180°.

Ora prendete il pane e tagliatelo a fette  da mezzo cm circa.

Prendete una teglia per il forno (io ne ho usata una da 30×40 cm) e distribuite uno strato di fette di pane omogeneo.

Sopra il pane versateci il preparato di erbette e taleggio (io ho aggiunto ancora latte perche’ era troppo denso da distribuire) e un altro strato di fette di pane, cosi’ sino a finire con uno strato di pane.

Prendete le uova, sbattetele energicamente con una forchetta, aggiungeteci il latte rimasto e versate sul pane a cucchiaiate, avendo cura di farlo in modo che tutto il pane venga bagnato allo stesso modo.

Distribuiteci sopra il grana grattuggiato e infornate per 25 minuti.

Si puo’ mangiare sia caldo che freddo, e’ ottimo come antipasto, come secondo, come piatto unico, come piatto freddo per l’estate e caldo per l’inverno. Pur essendoci il taleggio e’ un piatto leggero, ottimo per i vegetariani e soprattutto economico!

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E le croste del grana?

Della serie: come riesco a riciclare tutto! Io odio buttare qualsiasi cosa, odio sapere che nel mondo c’e’ gente che spreca quello che la natura, che la fatica delle persone, che gli animali hanno dato e creato, piuttosto che buttare preferisco non comprare.

Oggi voglio parlare della crosta del grana, o del parmigiano, che molti butteranno e molti altri non sanno come possa essere buona e impiegata per mille ricette! La crosta del grana e’ altrettanto buona come il suo interno, solo che e’ dura, ma tranquilli non ve la faccio mangiare cosi’, e oltretutto il grana fa bene alle ossa, e dunque perche’ buttare la crosta del grana solo perche’ e’ dura ma uguale identica a quello che noi paghiamo caro?

Un ottimo impiego e’ utilizzarla per insaporire il minestrone, o minestre di vario tipo; la si pulisce grattando un po’ e la si tuffa nel brodo, facendola cuocere insieme alla verdura…e quando servite la minestra non dovrete aggiungerci piu’ il grana grattuggiato, perche’ sara’ gia’ abbastanza insaporita.

Un’altra chicca per usare le croste del grana l’ho scoperto in un ristorante tanti anni fa, un ristorante coi controfiocchi oltretutto, e come spuntino per l’aperitivo ci e’ stato servito questo piatto, alquanto strano ma da quando l’ho provato ne sono rimasta completamente stregata.

E’ forse il piatto piu’ facile in assoluto da fare, veloce e che usato per una cena fara’ rimanere a bocca aperta i vostri invitati, e’ un tripudio di sapori, anche se gli ingredienti sono due, e si gioca sull’effetto salato-dolce, perche’ oltre al grana serve anche il miele.

Ed ecco a voi come si prepara il BEE GRANA :

crosta del grana

miele

Prendete la crosta del grana, grattate un po’ la superficie esterna e tagliatelo a quadretti di circa 1 cm di lato. Fate scaldare una pentola antiaderente e metteteci i quadretti di grana, lasciateli per qualche minuto fino a quando la superficie sara’ scurita, girateli e fate lo stesso. Toglieteli dalla pentola e servite su un piattino con degli stuzzicadenti e una ciotolina di buon miele italiano dove tufferete i vostri quadratini di grana. Leccatevi i baffi appiccicosi!


AAA abbandonato panettone nella dispensa…

E’ successo a tutti, arrivi a febbraio e ti accorgi che hai ancora quel povero panettone in dispensa.

Tanti anni fa, nel Milanese e dintorni, il 3 febbraio le donne toglievano dalla credenza il panettone secco (a quei tempi mica c’erano conservanti e robe chimiche varie) e ne distribuivano a tutta la famiglia, a digiuno la mattina, come gesto che porta bene, infatti il panettone secco  gratta la gola da tutti i mali.

E il 3 febbraio e’ San Biagio, protettore della gola e del naso, e come vuole la leggenda, si racconta che nel IV secolo d.C. una mamma porta il figlio quasi morente a causa di una lisca di pesce conficcata in gola da San Biagio, guaritore armeno, e lui da a questo bimbo un pezzo di mollica di pane da mangiare che gli toglie via la lisca di pesce e il bambino si salva.

Ora San Biagio e’ passato, non posso lasciare quel panettone triste da solo fino a Pasqua, cosi’ oggi l’ho tolto dalla confezione e appoggiato sul calorifero a far seccare.

Con questo panettone ci faro’ la torta paesana, tipica delle zone della brianza.

La ricetta mi e’ stata, non essendo io quelle zone l’ho scoperta tardi, circa 4 anni fa, quando ho conosciuto il mio ragazzo che e’ di li.

E stamattina parlando con la suocera le dico: mi e’ rimasto ancora un panettone solitario a casa…e lei: facci la torta paesana!!!

GIUSTO!!!!

Io odio buttare le cose, sono per il riciclo fin quando possibile, e questo mi sembra un’ottimo modo per riciclare il panettone, invece di usare il pane secco.

Torta Paesana classica:

1 litro di latte

400 gr di amaretti

5 panini secchi

100 gr di cacao amaro

100 gr di cacao dolce

150 gr di zucchero

2 bustine di pinoli interi

i cucchiaino di estratto di vaniglia (o una bustina di vanillina)

1 uovo

una manciata di uvette

1 pizzico di sale

La sera prima mettete il latte in una capiente ciotola e metteteci dentro i panini secchi a pezzi.

Mettete in frigo coperto per tutta la notte. Il giorno dopo il pane avra’ assorbito tutto il latte.

Tritate gli amaretti a polvere e aggiungete con tutti gli altri ingredienti al pane col latte. Versate nella ciotola della Kitchenaid con il gancio a foglia e mettete a velocita’ 2 fino a quando tutti gli ingredienti non saranno ben mescolati.

Imburrate e infarinate uno stampo da torta e riempite con il composto, infornate per 1 ora e 45 minuti circa a 180°.

Verso la fine controllate che la superficie non diventi troppo scura, e metteteci un foglio di alluminio.

Sabato faccio la paesana col panettone e vi metto ricetta e foto.


Meringhe francesi

Avendo un po’ di albumi a casa (rimasti dopo essere stati separati dai tuorli usati per far la crema) la prima cosa che viene in mente da fare sono le meringhe, ricetta semplice semplice.

La meringa francese e’ la piu’ usata in Italia, anche se il nome non lo direbbe, mentre la meringa italiana e’ piu’ usata in Francia…che vi devo dire? Mah mistero!

Comunque dicevamo, la meringa francese e’ la piu’ semplice meringa da fare: servono albumi e zucchero.

c’e’ chi ci mette il sale perche’ dice che montano meglio, chi mette il limone…come siete meglio abituati, anche se io meno ingredienti ci metto e più sono contenta!

Io mi appoggio alla mia tutto fare, la KitchenAid, ma vanno bene anche aggeggini vari per montare, o per chi ha tanta pazienza e un po’ di muscoli la classica frusta a mano!

Decidete voi in base al vostro fisico e alla vostra voglia.

Le dosi sono:

albumi

stesso peso degli albumi di zucchero a velo

stesso peso degli albumi di zucchero semolato

Versate gli albumi, meglio se vecchi di 2-3 giorni, nella ciotola della planetaria, cominciare a montare a velocita’ 10, piano piano aggiungere lo zucchero.

Quando alzando le fruste vedrete che la meringa rimane attaccata sul gancio e’ pronta, deve essere fermissima e molto soda.

Aiutatevi con due cucchiai, come ho fatto io, oppure per i piu’ chic con una sac a poche e distribuito a fiocchetti, grossi o piccoli a piacere, sulla teglia del forno coperta di carta forno, tenetele un po’ distanziate perche’ in cottura aumentano di poco.

Infornate a 50° per circa 3 ore, o almeno fino a quando vedere che sono secche.

Potete anche aumentare la temperatura ma diventerebbero scure, io le preferisco piu’ chiare possibili!

Toglietele dal forno e fatele un po’ raffreddare prima di staccarle dalla carta…non fate come me che per la smania di assaggiarle ne ho rotte un po’!

e voi la meringa come la fate?